HO LETTO “LE NOTTI BIANCHE” DI FËDOR DOSTOEVSKIJ
Ho amato questo breve libro, tanto da finirlo nel giro di 24 ore. Da adolescente, lo consiglio a tutti i miei coetanei, perché fa riflettere sulla figura del sognatore, personaggio che tutti abbiamo interpretato o interpretiamo in gioventù. Ognuno di noi ha sogni ma spera di non cadere in quel limbo che non ci fa più distinguere le astrazioni dalle concretezze e ci porta a perdere il contatto con ciò che ci circonda.
Ambientato nelle notti d’estate di Pietroburgo, “Notti bianche”, pubblicato nel 1848, è un romanzo breve di tipo sentimentale che narra dell’incontro tra un sognatore e il suo primo amore. In questo libro lo scrittore russo riflette sulle illusioni (con particolare attenzione all’amore) che accompagnano l’esistenza.
Il protagonista, perso nei pensieri,si dimentica di vivere nel mondo reale. Nel momento in cui, però, si scontra con esso, vive l’amore anziché fantasticarlo, ma questo amore è destinato a finire, il suo sogno comincia a svanire e iniziano i rimpianti per una vita non vissuta, per gli anni trascorsi in solitudine.
Il racconto è scandito in quattro notti bianche e un mattino.
Tutto nasce con la passeggiata notturna del giovane uomo. Egli si ritrova in conflitto con la realtà, capisce i dilemmi interiori di ogni persona che incontra, ma non riesce a far quadrare gli eventi nella sua storia. L’autore, abilmente, descrive Pietroburgo come se fosse dietro un velo, così da mettere in risalto la personalità solitaria del protagonista. Grazie allo stile introspettivo e misterioso, il lettore viene coinvolto nelle fantasticherie del sognatore e cammina per le magiche strade della città insieme a lui.
Impossibile non lasciarsi trascinare dal flusso di coscienza del personaggio.
Durante la prima notte incontra Nastenka, una bellissima ragazza di diciassette anni. Quando la giovane viene importunata da un malintenzionato egli interviene prontamente. Nel rivolgersi alla ragazza e creando un legame con lei, il protagonista si rende dolorosamente conto di quante cose della vita abbia perso, rifugiandosi a vivere nel mondo dei sogni. Nastenka risulta essere una buona ascoltatrice. Grazie a questa sua dote, riesce a far sentire subito a suo agio il protagonista, il quale parlerà ininterrottamente, lasciandosi andare a confidenze e mettendo a nudo fragilità e paure. Lo stesso farà lei con lui, creando un legame sempre più intimo. Osserviamo l’incontro di due persone, entrambe staccate dalla realtà che cercano di vivere, ma che si trovano a respingere il mondo esterno: lui è incapace di stringere legami, lei è un’orfana molto legata (nel vero senso della parola) alla nonna cieca ed afflitta da un difficile amore, ovvero un ex inquilino della casa della nonna che un anno prima le aveva promesso di partire in cerca di fortuna, per poi ritornare e sposarla. La ragazza è molto dubbiosa perché sa per certo che il suo innamorato è in città ma egli non si è ancora fatto vedere.
La scrittura è ricca di dialoghi e capace di fornire l’utopia di un lieto fine che non ci sarà. Il finale è struggente e inaspettato, si spera fino all’ultima pagina in un epilogo felice della vicenda ma quello a cui assistiamo è il frammentarsi di un futuro che egli continuerà a sognare, ma non è destinato a concretizzarsi. Dalle ultime parole si capisce l’amaro sollievo che, nonostante l’infelice epilogo, colpisce il giovane uomo. Egli ha avuto la capacità e la maturità di riconoscere in Nastenka un fiammifero in mezzo alla sua oscurità e, in questo modo, non può fare a meno di augurarle il meglio. Lei lo ha salvato dalla sua prigione, quella dell’irrealtà, e anche se solo per un attimo, lo ha fatto sentire vivo.
“Un sogno nuovo, una nuova felicità, gli appaiono; in altri termini: egli ha ingoiato una nuova pozione di quel veleno raffinato e dolcissimo che si chiama sogno.”